Un’esperienza lunga oltre quindici anni per il Centro Sant’Anna che porta a scuola progetti e dibattiti per coinvolgere anche i genitori sui temi legati alla socialità e ai sentimenti

Fin dal 2006 il Centro famiglia Sant’Anna con il progetto “Io e l’altro, educare all’affettività”, ha proposto alla scuola e alle aggregazioni giovanili percorsi di educazione all’affettività ed alla sessualità. Una proposta che ovviamente non ha la pretesa di essere esaustiva rispetto all’educazione all’affettività ma sicuramente apre piste di lavoro e migliora la qualità della relazione all’interno della classe. Gli incontri, in genere tre per ogni gruppo, prevedono l’uso di un “Qs”, un Question Sort sui significati di amicizia amore ed innamoramento che permette una riflessione iniziale a livello individuale e costituisce il catalizzatore di un confronto tra pari da cui nascono idee, affermazioni e contestazioni.

Le risposte date dai ragazzi costituiscono il punto di partenza per un dibattito guidato che consente loro di riflettere e di rivedere o confermare le proprie convinzioni ed il proprio modo di agire in una situazione di peer education (educazione tra pari) fortemente educante. L’adulto favorisce la comunicazione e chiarisce alcuni contenuti, il confronto con il gruppo dei coetanei permette di condividere emozioni e comportamenti e di focalizzare pregiudizi e valori.

Fino ad oggi molte scuole e gruppi giovanili hanno utilizzato questa opportunità che vede il coinvolti in prima persona gli insegnanti e offre ai genitori, se lo richiedono, percorsi mirati. Significativa e costante è stata l’esperienza con l’istituto Itcs F. Pacini che dal 2006 attua questa esperienza di educazione sessuale ed affettiva nelle classi prime o seconde, anche in tempi di lockdown gli operatori hanno raggiunto online i ragazzi. Riorganizzare i Qs e gli appunti presi in 12 anni ha consentito di delineare un interessante quadro di quel che pensavano e pensano i ragazzi della nostra città su determinati argomenti.

Loro, i nostri ragazzi che cosa dicono? Sono cambiati nel tempo? Già nel 2007 sull’affermazione «Amare o essere amici significa fare quello che ci pare», si accendevano le discussioni: se fare “quello che ci pare” in amore significa avere altri ragazzi o ragazze è fuori dubbio per tutti, o quasi, che si deve del rispetto alla persona che amiamo e soprattutto si deve del rispetto a noi stessi ed alla scelta fatta: «piuttosto lo lascio». Se per “fare quello che ci pare” si intende non tener conto dei desideri e delle richieste dell’altro e comportarsi come se l’amico o l’innamorato non esistesse è chiaro che non esiste rapporto senza attenzione all’altro. Spazi di libertà personale sono generalmente rivendicati da tutti, si fugge da un rapporto esclusivo e fagocitante ed è frequente anche la preoccupazione per i piccoli sacrifici che lo stare insieme comporta.

Anche la protezione viene vissuta da alcuni come dipendenza; mentre tutti affermano di essere sempre pronti a difendere un amico, molti non vogliono essere protetti, condizionati, limitati nei propri interessi. Il valore dell’amicizia e dell’amore, il rispetto per l’altro sono presenti in modo più o meno consapevole in tutti i gruppi e, anche se in misura diversa, in tutti gli individui.

I maschi sono paradossalmente più schivi e pudichi nell’esprimere sentimenti, come se si muovessero su un terreno minato, sembrano più attenti e consapevoli del valore delle emozioni. L’amicizia è un legame forte che però non sopravvive in un clima di coercizione, tuttavia la disponibilità nei confronti di un amico è tendenzialmente maggiore di quella che si ha nei confronti della persona amata. Esistono poi rapporti da definire non sani, in cui l’uno o l’altro sono totalmente dipendenti e si annullano in una relazione che niente ha dell’amicizia o dell’amore.

In questi 12 anni l’attenzione per le “relazioni tossiche” sia in amicizia che in amore è aumentata, anche a causa di determinati fatti di cronaca. Parole come “rispetto”, “condivisione”, “empatia”, sono sempre più frequenti. I dubbiosi, gli insicuri che ostentano forza ed egocentrismo si incontrano e a volte scontrano con una maggioranza che reclama “attenzione all’altro, ai suoi bisogni, ai suoi desideri, ai suoi diritti”. Il gruppo veicola valori e forza educante e costantemente ci dimostra che i nostri ragazzi sono sostanzialmente sani. Viene spesso chiesta l’opinione dell’adulto insegnante, educatore, psicologo, pedagogista anche con riferimento ad esperienze personali «ma lei?», «ma ai suoi tempi?».

L’educazione affettiva richiede che l’adulto genitore o educatore si metta in gioco e testimoni il rispetto dell’altro e l’empatia che vuol trasmettere prima di tutto ascoltando ed accogliendo le emozioni dei ragazzi con cui si relaziona. L’esperienza anche nell’anno in corso sarà attuata nell’istituto Itcs F. Pacini.

Daniela Mezzani, psicopedagogista del Centro Sant’Anna

(Tratto da La Vita-Pistoia Sette, dorso diocesano di Avvenire)