L’esperienza di servizio di padre Pietro Villa, della congregazione dei Betharramiti. I suoi 40 anni di sacerdozio tra Toscana

Padre Pietro Villa, religioso della Congregazione dei Padri Betharramiti, compie quest’anno 40 anni di vita sacerdotale. La sua storia ci permette di conoscere e raccontare nella sua originalità l’esperienza di questa forma di vita consacrata.

«A me sembra – commenta Padre Villa – che la nostra presenza sia stata feconda, sia per quanto riguarda la pastorale parrocchiale (prima a Pracchia, poi a Montemurlo e ora a S. Francesco); due nomi come parroci a Montemurlo per tutti: padre Albino Trameri e padre Alessandro Locatelli; sia come collaborazione con la diocesi in vari ambiti: padre Mario Giussani nell’ufficio catechistico, padre Ennio Bianchi come collaboratore del settimanale La Vita, P. Simone Panzeri nella Pastorale giovanile e nella formazione per il Propedeutico, padre Natale Re nella Pastorale della sofferenza come cappellano dell’ospedale, padre Serge Pacôme Koffi Appaouh per l’animazione vocazionale. La cosa che forse più di ogni altra ha caratterizzato la nostra presenza è stata l’umiltà con la quale si è vissuto il ministero, cercando di portare avanti l’attività in comunione con la diocesi e con quel pizzico di umanità che ci permetteva di stare con le persone come uno di loro. Tutti siamo lombardi, e all’inizio magari si sentiva: “ma voi non siete dei nostri, non avete la nostra parlata”; ma poi, riconosciuti come “dei nostri” anche dalla gente per come ci siamo posti in mezzo a loro». «Ricordo – prosegue padre Villa – che quando sono sceso in Toscana, mi dicevano: “vai in mezzo ai rossi, chissà cosa trovi”. Arrivato a Montemurlo, mi sembrava di essere in Brianza: lavoro, famiglia e Chiesa. E mi chiedevo dove stava la differenza. Diverso ho scoperto essere lo stile di vita passato l’Agna. Meno agitato».

La vita religiosa si caratterizza anche per l’obbedienza e la mobilità: «in 40 di sacerdozio – afferma padre Villa -, la cosa che mi ha sempre colpito è questo: in molti casi, di fronte ai servizi che mi venivano richiesti provavo un forte senso di incapacità che mi metteva la paura di non farcela, di non essere all’altezza; eppure proprio lì, mi trovavo a scoprire doni e parti di me che non conoscevo. L’ho provato quando mi veniva chiesto di predicare gli esercizi alle suore o nelle parrocchie; davanti alla richiesta da parte di alcune persone di essere il loro direttore spirituale; soprattutto l’ho sentito quando mi hanno proposto di insegnare religione al corso professionale per disabili mentali al Centro Scientifico Medea portato avanti dall’Associazione “la Nostra Famiglia” i Bosisio Parini; e quando mi hanno dato l’obbedienza di diventare formatore; e la volta che mi è stato proposta la Toscana come meta del servizio pastorale. Mi spaventava dover svolgere certi ministeri, mi scontravo con i miei limiti e le mie incapacità. Ci son stati fallimenti e difficoltà. Ma mi ha sempre accompagnato lo sforzo della perseveranza. Ci son stati anche dei “no” dove la paura ha avuto il sopravvento. Certo è che il servizio alla Chiesa mi ha fatto conoscere delle persone splendide che porto nel cuore che, più che aver ricevuto da me, mi hanno dato tanto e di cui sono ancora riconoscente».

Padre Villa ha comunque ricoperto anche alcuni importanti incarichi in diocesi, al momento, ad esempio è parroco di Treppio e Torri. «Ho svolto per alcuni anni il servizio di esorcista, poi cessato per qualche problema di salute; continuo però nel discernimento, insieme ad altri due presbiteri, per cercare di valutare se ci sono o meno problemi spirituali. Sono assistente spirituale diocesano del movimento dei Cursillos di Cristianità e membro dell’equipe di formazione per il diaconato permanente, e inserito nel Consiglio presbiterale e Consiglio pastorale diocesano».

Alla luce della sua lunga esperienza di vita religiosa c’è anche un messaggio per tutti: «Non abbiate paura dei vostri limiti, debolezze e fragilità. Guardate piuttosto ai doni da tirar fuori per servire la Chiesa e la società. Dare la vita è la cosa più bella che ci sia. Ai giovani vorrei ricordare una frase che diceva spesso don Mauro Gatti: “amate le cose difficili, sono quelle che una volta superate danno gusto alla vita”. E non smettete di stupirvi delle meraviglie della vita».

Daniela Raspollini

(Tratto da La Vita-Pistoia Sette, dorso diocesano di Avvenire)