Non so chi si metta la mano sulla coscienza

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È cronaca di questi giorni: il crollo di una grande trave in cemento armato in un cantiere a Firenze ha ucciso alcuni operai e ferito gravemente altri. Che sia accaduto vicino a noi rende solo più immediato il grande dolore che provo in questo momento. È un dolore che sa di angoscia, di rabbia, di impotenza. Come una specie di incubo dal quale non ci si riesce a svegliare. Prego per chi è morto, per la guarigione dei feriti e per il conforto dei familiari e degli amici. Prego anche per chi può avere in qualche modo responsabilità in ciò che è accaduto.

Mi rendo conto che a volte accade proprio l’imponderabile, Solitamente però, le morti sul lavoro hanno cause ben precise, dovute a qualche deficienza nel sistema di sicurezza. È anche vero che certi lavori comportano rischi molto alti. Ma lo stillicidio continuo delle morti bianche, mi fa concludere che ci devono essere necessariamente trascuratezze, inadempienze, pressappochismi, quando – e credo spesso – non ci sono interessi e corruzione. Ecco perché provo un senso di sconforto che so non dovrebbe esserci in un uomo di fede. Però, però… Come si fa ad accettare che accadano così spesso gravi incidenti sul lavoro? Quando sono convinto che si potrebbero drasticamente ridurre. Ma qui entra in gioco quella coscienza civica e della legalità che, o non c’è, oppure che siamo molto bravi a mettere prontamente a tacere

+ Fausto Tardelli, vescovo

(Tratto da La Vita-Pistoia Sette, dorso diocesano di Avvenire)