Un vero esempio di cattolicesimo popolare

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Luigi Bardelli era un cattolico per niente clericale. Eppure del cattolicesimo italiano ha attraversato tante stagioni. Era cresciuto ai tempi d’oro dell’Azione Cattolica, quando i tesseramenti si facevano a tappeto e i nuovi nati finivano già nelle liste degli iscritti. Poi, negli anni della contestazione, la svolta progressista e impegnata, quella del Cineforum e della lettura dei segni dei tempi, a sostegno della pace e degli scartati del tempo. C’era la guida di don Renato Gargini, all’epoca agitatore della meglio gioventù, leva critica per una differente lettura del mondo in cui la prassi andava di pari passo alla contemplazione. Così, accanto all’impegno culturale si inseriva il volontariato nei confronti degli ultimi, gli “spastici” sottratti al nascondimento e alla vergogna che con don Gargini erano accompagnati anche ai sacramenti.

Mamme coraggio e un manipolo di giovani guidati dal più maturo Bardelli costruivano una nuova realtà riabilitativa, nonostante la diffidenze e le resistenze di un tempo ancora carico di divisioni ideologiche. E poi confondevano i benpensanti della Versilia portando sulle spiagge i disabili e le loro famiglie. Erano i primi passi dell’odierna Maic. Al contempo entrava in scena la dimensione comunicativa e dal 1976 avviava le trasmissioni Ptv, poi Tv Libera Pistoia, emittente televisiva di ispirazione cattolica che ha fatto e raccontato la storia della città e del territorio dagli anni di piombo fino ad oggi. Da giornalista Bardelli è stato un grande narratore: con uno stile semplice e affabulatore, trasformava in racconto anche le interviste con gli interlocutori più paludati. Col Bardelli stare davanti alla telecamera aveva sempre il tono di un confronto senza troppe riverenze, in cui era inevitabile sentirsi sempre un po’ a casa, anche se poi, alla fine, molto parlava lui. Comunicazione e disabilità le ha sempre fatte andare a braccetto, in un binomio inedito e un po’ visionario che lo ha portato fino ai più recenti documentari realizzati con Tv2000.

Al centro del suo impegno c’è continuamente stata la Maic, nella convinzione che riabilitazione fosse più che integrazione, bensì introduzione alla vita e alla comunione e non soltanto qualcosa che riguarda i disabili. Mai lo ha abbandonato lo spirito di servizio, il senso di fare di tutto (pur con i limiti e le contraddizioni degli uomini) per il bene dei ragazzi. Col carisma del patriarca ha accompagnato per più di 50anni il mondo della disabilità.

C’è però, tra i tanti commenti pubblicati in questi giorni, da ribadire la centralità della fede che lo ha sempre accompagnato. Una fede genuina, senza fronzoli o posture sopra le righe. Una fede per nulla clericale, che lo aveva spinto, in anni più recenti, a stringere una forte amicizia con Chiara Amirante di Nuovi Orizzonti. Un incontro che lo ha introdotto in un cristianesimo gioioso ed essenziale che trova piena sintonia nel pontificato di papa Francesco. Nei suoi discorsi il Vangelo tornava sempre a galla senza pruderie, raccontato in modo semplice e calato nella vita. Ultimamente si divertiva a “giocare” un po’ con gli onomastici, andando a pescare i santi più o meno noti per ricordare e stuzzicare qualcuno in un continuo richiamo alla santità.

Negli ultimi anni il suo cattolicesimo si era fatto ancora più “popolare”, cioè accessibile a tutti, impregnato di vita, mai fondamentalista, sempre aperto all’incontro e al confronto, fatto, nel suo lavoro giornalistico o alla fondazione Maic, di parole semplici e discorsi diretti, comprensibili allo stesso modo a un disabile come a qualche onorevole. Un cattolicesimo popolare ma di certo non populista, sempre vicino al vissuto della gente e al sentire dei più. Un’eredità attuale, su cui meditare.

Ugo Feraci

(Tratto da La Vita-Pistoia Sette, dorso diocesano di Avvenire)