di Alice Peloni

Giovani e politica: i dati statistici sembrano confermare una spaccatura sempre più grande. Secondo i dati Istat riferiti al 2019 il 40% dei giovani dichiara di non interessarsi alla politica e solo il 35% aderisce ad un partito o movimento in campo. E quando c’è, la partecipazione politica avviene in modo soprattutto indiretto, cioè informandosi o parlandone (74,8%) e poco per via attiva (8,0%). Disinteresse o sfiducia? Irresponsabilità o consapevole alienazione?

Cosimo Winchler, 18 anni, studente dell’ultimo anno di liceo classico N. Forteguerri prova a dare una risposta: «È evidente che il senso politico nei giovani sia molto cambiato rispetto al passato: se quarant’anni fa il gruppo politico di appartenenza era motivo di amicizie e tensioni tra i più giovani, ormai oggi gli argomenti politici non sono molto sentiti. L’era dei grandi ideali politici è passata, tra i ragazzi si propende per un partito oppure per un altro non tanto a seconda di una linea di ideali definita quanto per una singola proposta che colpisce e su cui si concorda. La superficialità generalizzata è dovuta a un senso di lontananza con cui sono guardate ormai le istituzioni.

È anche vero – prosegue Cosimo – che non possiamo generalizzare, ci sono giovani che sentono con entusiasmo temi politici e di attualità. In più di questi tempi la pandemia sembra averci avvicinati un po’ tutti al mondo della politica: chi non parlava delle misure prese dal governo?». In effetti, ultimamente, chiunque si è sentito in diritto di dire la sua, anche attraverso mezzi che non ci saremmo mai aspettati ma che nemmeno i politici disdegnano: la rete e, soprattutto, i social. 15 milioni e 800 mila ne usufruisce ogni giorno mentre i quotidiani, fonti ben più autorevoli, vengono utilizzati solo da un terzo di coloro che si informano di politica.

«Penso che i social non siano il luogo adatto per fare dibattito politico – continua Cosimo -. In primo luogo il social spinge l’uomo politico a convincere i sostenitori con un post, quindi spesso sono pubblicati singoli dati che vengono estrapolati dal loro contesto, strumentalizzati e sfruttati a proprio vantaggio. In più i social rischiano di diventare la culla della demagogia perché il like diventa dimostrazione di consenso da parte degli italiani. È anche vero però che ormai per i giovani i social sono un pezzo di vita reale, un mondo parallelo caratterizzato da un linguaggio diverso ma non per questo meno incisivo. Il cambiamento è inevitabile, vedremo dove ci porterà».