Vannucci (Ricostruttori nella preghiera): «Una scelta per prendersi cura di sé e del Creato, una possibilità di amore che rimanda all’essenziale»

Accanto alla Preghiera e la Carità, la Quaresima invita a vivere la pratica del digiuno. Dopo gli approfondimenti dei numeri precedenti proponiamo oggi una riflessione sulla dimensione più caratteristica del tempo quaresimale in dialogo con Giulio Vannucci, 36 anni, diacono della diocesi di Prato e membro della comunità dei Ricostruttori nella preghiera residente a Villa del Palco.

Se la Quaresima ci invita alla pratica del digiuno non sempre riusciamo a vivere questo atteggiamento e a custodirlo nelle nostre realtà di vita. Come ritrovarne il significato nella nostra vita odierna?

Il mondo va veloce, e il suo messaggio è “stammi dietro se ci riesci”: si sta al suo passo se si è sempre più veloci, se si passa di aggiunta in aggiunta, se il bilancio (di oggetti, viaggi, relazioni, video, immagini, cibo, vestiti) è sempre in attivo. La novità è l’obiettivo, la velocità è il passo di marcia. Il digiuno è pratica antica da rinverdire e ritrovare, il suo andamento è quello opposto: togliere invece di aggiungere, vuoto invece di pieno. Digiuno quindi non è saltare un pasto (non ci succede anche nelle giornate più affrettate?), è scegliere di mettere al centro la sospensione, il piccolo spazio vuoto che rimane tra le cose che inseguiamo in ogni momento. Lo spiegherei con una poesia di una giovanissima poetessa pugliese, Eleonora Ines Nitti Capone:

«Lascia che si apra un varco tra una cosa e
la cosa che le porta risposta
tra la cosa che va e quella che le viene
incontro
uno spazio franco di attesa e maturazione
in questo spicchio bianco regna il neutro
ed è lì che bisogna stare per essere uomini».

Come spiegherebbe il digiuno quaresimale?

Non dico una novità se dico che il deserto non è un luogo di privazione e sofferenza, ma il luogo che prepara l’incontro  con l’Infinito. I quaranta giorni (i quarant’anni del popolo di Israele) sono la strada che porta al Divino, e in cui è fondamentale fare piazza pulita di tutto il resto. D’altronde: cosa serve d’altro nella Terra Promessa? Cosa portarsi dietro se alla meta c’è già tutto? Serve uno zaino leggero e tutto il possibile sì che l’essere umano riesce a dare e a dire, per cui è fondamentale levare il superfluo, togliere il sovrappiù. Scoprendo quindi che, se la meta è la libertà, questa è anche l’unica cosa da inseguire prima di arrivare.

La tradizione della Chiesa vive da sempre la pratica del digiuno. Quali suggerimenti può offrirci?

Se non di solo pane vive l’uomo, non dal solo pane ci si può astenere! Quindi forse vale la pena sperimentare anche altri digiuni, sapendo che nelle nostre giornate non ci nutriamo solo di zuccheri e proteine, ma anche di relazioni, di immagini (pensate a un sano digiuno dai video per qualche giorno!), di preoccupazioni, giustificate e meno giustificate. Avere un piano aiuta, e avere qualcuno con cui condividerlo, anche. Perché non pensare a piccole pratiche da inserire nelle nostre giornate che aiutino a rimettere al centro l’essenziale? Largo alla creatività, sapendo però che è con la fedeltà che si conquista la libertà.

Naturalmente anche il digiuno vero e proprio ha una poesia tutta particolare, ma da affrontare solo con lo spirito di cui parla Jalal al-Din Rumi, poeta, mistico e teologo di origine persiana, che si rivolge così a Dio: «C’è una dolcezza nascosta in uno stomaco vuoto. Noi siamo liuti, niente di più, niente di meno. Se la cassa di risonanza è piena di qualunque cosa, non c’è musica. Se il cervello e la pancia sono purificati dall’ardere del digiuno, in ogni momento una nuova canzone sale da questo fuoco. La nebbia si dirada, e una nuova energia fa salire di corsa i gradini che portano a te».

Come tenere in rapporto la pratica del digiuno e il rispetto del Creato?

Per chi corre nella via dello Spirito non c’è distinzione tra ciò di cui ci si può prendere cura e ciò per cui la cura non importa. Tutto importa, tutto è da custodire. Il creato è la nostra casa, siamo noi, in fin dei conti. Il digiuno può essere un modo per prendersene cura, è una possibilità di amore che rimanda all’essenziale, a quello che conta davvero. Esteriormente, come pratica di custodia del corpo (il digiuno fa bene!), e interiormente, come pratica, come abbiamo detto, di essenzialità, di ritorno in sé stesse e sé stessi. In fondo è un dato di nudità quello dell’incontro con l’amato o con l’amata.

Meditazione e testimonianza

I Ricostruttori nella preghiera sono presenti a Pistoia in via Cammelli 1-3 nel Centro Devadatta. Nella diocesi di Prato abitano nella villa di San Leonardo al Palco e nel borgo “Tutto è vita” immerso nell’Appennino pratese in cui stanno prendendo forma «un piccolo eco-villaggio e due strutture residenziali (Casa del Grano e Hospice) per ospitare persone affette da patologie considerate inguaribili nelle diverse fasi della malattia con i loro familiari, e offrire un accompagnamento sanitario e spirituale non solo confessionale».

La missione dei Ricostruttori nella preghiera è «farsi testimoni di una cristianità capace di venire incontro al bisogno di preghiera e ricerca interiore, spesso inconsapevole, dell’uomo contemporaneo. Attingendo alle risorse della tradizione cristiana, propongono un cammino di rientro in se stessi, che consenta di raccogliere il proprio sguardo, disperso all’esterno e disorientato, e di introdurlo nel cuore: la meditazione profonda».

Daniela Raspollini

(Tratto da La Vita-Pistoia Sette, dorso diocesano di Avvenire)